PSICOPATOLOGIA DEL POTERE: DA PUTIN A MACRON A TUTTI NOI

Una delle parole più in voga del momento è “autocrate”, che significa “colui che detiene un potere assoluto”. Il termine è divenuto di moda da quando Putin ha fatto guerra all’Ucraina. Prima, stranamente, con l’autocrate Putin i governi e le multinazionali occidentali facevamo affari d’oro. La parola serve a certi giornalisti per marcare la superiorità politica e morale dell’Occidente. Ma anche da questo lato del Globo, anche nelle cosiddette democrazie compiute, esistono manifestazioni di autocrazia che fingiamo di non vedere, come quella di Macron in questi giorni, che impone una riforma delle pensioni che il suo popolo in larga maggioranza non vuole. E ciò accade fra i governanti ma anche fra le persone comuni che esercitano, intorno a noi, una sia pur minima forma di potere.

Bene, il potere è qualcosa di molto simile a una droga, che, quando ti sei ad essa assuefatto, ti possiede interamente. Chi ha potere, infatti, non è più libero di essere sé stesso, come avvertì Fedro in un famoso verso: “Regnare nolo ut liber non sim mihi”. Ogni comportamento, ogni pensiero dell’uomo di potere è condizionato dalla sostanza vischiosa che si è installata nel suo encefalo e gli fa credere di poter fare quel che gli pare, con una parola, un gesto, un cenno del capo, un ricatto. Ma attenzione: potere non è solo quello di un capo di stato o di un qualsiasi politico di basso rango. E non è solo quello di un capitano d’industria o di un piccolo imprenditore. Potere è anche quello di un semplice capofamiglia, di un marito o di una moglie, o quello del più insulso “presidente” di qualcosa. Il potere è quello di chi ha troppa autorità in paragone alla capacità di astrarsi da sé stesso, di immedesimarsi negli altri. Il potere è quello di chi si identifica con la propria immagine esteriore, di chi è succube della propria autorità. Il potere è quello di chi è ammalato di ipertrofia del desiderio: vuole di più e quando ottiene quel che desidera ne vuole ancora. Il potere degli ambiziosi è una sostanza venefica, letale. Ecco perché molte persone sane di mente stanno alla larga dal potere. Ed è inutile che in tanti protestino contro chi rifiuta di detenere potere, agitando una famosa frase attribuita a don Lorenzo Milani: “A che serve avere le mani pulite se poi si tengono in tasca?”.

In letteratura la più bella ed efficace metafora del potere è l’anello della saga di Tolkien, che Gandalf, il saggio, rifiuta perché sa che non c’è intelligenza umana che possa sfuggire al delirio di onnipotenza che il potere produce. Ed anche il piccolo Frodo, che è designato “portatore dell’anello” perché si presume che possa restarne indenne, al momento di gettare l’anello nel magma infuocato del Monte Fato, tentenna perché posseduto dallo spirito satanico del potere. E solo il provvidenziale intervento del mostriciattolo Gollum che si avventa su Frodo per riprendersi il suo “tesoro” e cade nella voragine insieme al dito di Frodo con l’anello, staccato con un morso, produrrà il disegno “provvidenziale” che i buoni desideravano, ossia la distruzione dell’anello e quindi del potere.

L’insegnamento di Tolkien è che il potere è cosa da maneggiare con spirito di servizio, prudenza, continenza, compassione, umiltà. Qualità, direi, che mancano a quasi tutti i veri uomini di potere contemporanei, grandi o piccoli che siano (salverei solo, fra quelli a me noti, l’ex presidente dell’Uruguay José Mujica, oltre, naturalmente, in una prospettiva storica, il Mahatma Gandhi).

In una importante biografia di Hitler pubblicata da dall’Oglio nel 1974, l’autore Robert Payne scrive (fate attenzione alla chiusa): “Lo psicopatico assurto ad una posizione di potere supremo è quasi un fatto ordinario, perché nessuno all’infuori di uno psicopatico desidera il potere supremo. Godere del potere significa essere dannati; godere di un potere arbitrario significa essere dannati senza alcuna possibile speranza d’una redenzione finale. Il potere corrompe in cerchi sempre più ampi, ma tende inevitabilmente ad essere usato in modo insensato ed irresponsabile: verità ben nota ad ogni più piccolo funzionario collocato in una posizione di autorità.”

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