I VERI SACERDOTI DEI RITI DELLA SETTIMANA SANTA IN CALABRIA

“Sacerdote” viene da “sacer”, che significa “sacro”, “separato” (dal profano) e dalla radice “dhe” che significa “fare”. Sacerdote è colui che fa il sacro, che amministra il culto, è un medium fra l’umano e il divino. In qualunque società, arcaica o moderna che sia, il sacerdote è stato educato, direi “iniziato” a questa pratica, che è interdetta a chiunque altro. Nella religione cattolica il sacerdozio è limitato ai preti e normalmente questi, chi meglio chi peggio, sono il nesso, il collegamento, il tramite fra “i credenti” ed il mistero del sacro. Ma i riti della Settimana Santa, la Pasqua, cui abbiamo assistito in questi giorni nelle comunità dei piccoli paesi della Calabria, dove si rinvengono quei relitti di persistenza del sacro nella sua forma arcaica, rompono l’interdetto di cui ho appena detto. Osservando da vicino la processione della Madonna Addolorata il sabato sera a Nocera Terinese e guardando foto e filmati delle varie “affruntate”, “cunfruntate” di altri paesi, lo sguardo mi ha fatto notare una cosa che non avevo mai notato: in questi riti sono i portatori, nelle loro umili tuniche bianche, ad avere volti compunti e sofferenti, consci del ruolo, immersi in una sorta di trance (lo stesso vale, a Nocera, per i flagellanti, le cui foto ancora mi rifiuto di postare sui social per rispetto dei loro travagli interiori). Ho osservato i preti che sfilavano nei loro paramenti sgargianti e non ho colto nei loro volti la stessa “partecipazione” che era invece quella dei portatori. Potrei sbagliarmi, ma molti preti farebbero volentieri a meno di questi riti della tradizione, non colgono la rivelazione del sacro (ierofania) che si produce in quei momenti. Ne ho dunque dedotto che i veri sacerdoti dei riti della Settimana Santa in Calabria, una volta tanto (semel in anno licet insanire cioè una volta l’anno è lecito impazzire), sono i portatori e tutti gli altri attori laici dei riti, che sottraggono per qualche ora ai veri sacerdoti il loro ruolo e divengono loro stessi – e solo loro – i veri mediatori col sacro.

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